È uno dei dogmi della Pedagogia Nera: onora il padre anche se questo ha fatto cose ignobili, è stato violento, ingiusto, crudele… perché, sicuramente, se così è stato e ha fatto, era per il tuo bene!
Se invece osi contraddirlo, criticarlo, metterne in dubbio le azioni e i pensieri, sei cattivo, un ingrato, un disgraziato, ti devi solo vergognare e verrai, nei casi peggiori, bandito dalla Famiglia.
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«Il quarto comandamento è la meta prima e ultima della pedagogia nera. Il figlio deve sapere che non può sfuggire a esso perchè il genitore è molto più forte del figlio. (…) Gli adulti sono i padroni del bambino e questa gerarchia è naturale e ovvia. (…) Da qui la necessità di un’educazione tesa a spezzare la volontà del bambino e a fare di lui un suddito obbediente, esercitando tanto in modo palese, quanto in modo occulto, il potere, la manipolazione, il ricatto. (…) I bambini devono obbedire ad ogni comando, soddisfare qualunque desiderio dell’adulto, eseguire gli ordini, per il loro bene. E senza interrogarsi né sui mezzi né sugli scopi. Un bambino abituato a obbedire ai propri genitori, quando sarà libero e padrone di se stesso, si sottometterà volentieri alle leggi e alle regole della ragione, ai comandi del datore di lavoro, agli ordini militari, perché è già abituato a non agire irruentemente secondo la propria volontà.»
Paolo Perticari, introduzione al libro Pedagogia Nera di Katharina Rutschky.
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Osservando la realtà di questi giorni, credo ci voglia ancora un po’ di tempo per risvegliare quell’ascolto silenziato nei secoli da metodi educativi violenti. Il tempo del passaggio di consegne a nuove generazioni più ricche di empatia e capacità di critica e autocritica.
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